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Il tumore dell’ilo biliare, detto anche colangiocarcinoma ilare o tumore di “Klatskin” (dal Dott. Gerald Klatskin, un medico americano di Yale che lo descrisse per la prima volta nel 1965).
E' un colangiocarcinoma (tumore delle vie biliari) che sorge alla confluenza (ilo epatico) dei dotti epatici destro e sinistro, ovvero nel punto dove si uniscono le vie biliari provenienti dalla parte sinistra del fegato (dotto epatico di sinistra) con quelle provenienti della parte di destra (dotto epatico di destra),
Epidemiologia
Il colangiocarcinoma dell’ilo non è un tumore particolarmente frequente.
Il numero dei pazienti colpiti dalla malattia varia a seconda delle aree geografiche (sono più colpite le popolazioni asiatiche, verosimilmente in relazione all’infestazione da Clonorchis Sinensis).
Sono più colpiti gli uomini, e comunque le persone fra i 60 ed i 70 anni.
Le cause
Tra le cause che possono portare allo sviluppo di un tumore dell'ilo bisogna segnalare la colangite sclerosante, di cui il colangiocarcinoma è la più temibile complicanza.
Più lungo è il tempo trascorso dalla diagnosi di colangite sclerosante, tanto maggiore è il rischio di sviluppare un tumore dell'ilo biliare (un terzo dei casi di colangiocarcinoma viene diagnosticato entro 2 anni dalla diagnosi di colangite sclerosante).
Altre malattie che si associano ad un aumento d’incidenza del colangiocarcinoma (e pertanto considerate come malattie precancerose), sono l’adenoma della via biliare, le cisti del coledoco ed il morbo di Carolì (Caratterizzata da ectasie,dilatazioni, dei dotti biliari all’interno del fegato. Malattia congenita rara, trasmessa con carattere recessivo e associata spesso al rene policistico. Le dilatazioni dei dotti predispongono alla stasi della bile e quindi alla formazione anche di calcoli dentro ai dotti che si possono complicare con ascessi.)
I sintomi
A seconda dell’esatta sede del tumore e del grado di coinvolgimento della via biliare, i tumori di questa regione si presentano più o meno precocemente con la comparsa di ittero, feci acoliche, urine ipercromiche, e talvolta prurito (per innalzamento dei livelli ematici di particolari sali biliari).
Sintomi aspecifici come affaticamento, malessere, astenia e calo ponderale compaiono di solito tardivamente.
Classificazione di Bismuth e Corlette:
tipo I, tumore localizzato nel dotto epatico comune (la confluenza biliare vera e priopria non è ostruita);
tipo II, tumore localizzato alla confluenza (l'ostacolo causato è limitato alla confluenza);
tipo III, ostruzione della confluenza con estensione al dotto epatico destro o sinistro (IIIa o IIIb);
tipo IV, ostruzione di entrambi i dotti epatici di destra e di sinistra.
Classificazione Microscopica: la maggior parte di questi tumori è un adenocarcinoma, con variante da ben differenziato ad indifferenziato; esiste una variante “mucinosa” caratterizzata dalla spiccata tendenza a produrre mucina. Forme molto meno frequenti sono il cistoadenocarcinoma, il carcinoma adenosquamoso, e le forme mesenchimali (come il sarcoma).
Diagnosi
Il tumore dell'ilo è riconosciuto con molta difficoltà alle indagini radiologiche e molto spesso la diagnosi viene formulata su informazioni che indirettamente segnalano la sua presenza.
L'ERCP (colangiografia eseguita per via endoscopica) evidenzia l'ostruzione completa della via biliare da parte della neoplasia.
Nei pazienti con tumore delle vie biliari è di frequente riscontro un innalzamento degli indici di colestasi (bilirubina totale e diretta, gammaGT e fosfatasi alcalina) associato a riduzione del tempo di protrombina per ridotto assorbimento della vitamina K.
Tra i marcatori tumorali, il CEA ed il Ca 19-
L’ecografia addominale è il primo esame strumentale da effettuare quando un paziente manifesta un ittero; nei casi di tumore dell'ilo l'esame rileva la dilatazione delle vie biliari intraepatiche, senza apparenti masse.
Il tumore di Klatskin spesso non è visualizzabile alla TAC dell'addome, ma può essere sospettato attraverso dei segni indiretti. Tuttavia la TAC è fondamentale per la valutazione di un’eventuale diffusione intraepatica, per rilevare eventuali linfonodi aumentati di dimensione e per la stadiazione preperatoria.
La colangiografia percutanea per via transepatica (PTC) è l’esame fondamentale per la diagnosi dei tumori dell’ilo. È un esame "invasivo", che consiste nell'iniezione di mezzo di contrasto nelle vie biliari attraverso un piccolo ago inserito dalla parete dell'addome, in anestesia locale: si esegue in ospedale, durante il ricovero. Consente di definire precisamente l’anatomia delle vie biliari intraepatiche e l’estensione del tumore versi i dotti più piccoli dentro al fegato, in modo da poter programmare un possibile trattamento chirurgico (il margine chirurgico è uno dei fattori prognostici più importanti dopo interventi chirurgici per questa neoplasia). Inoltre, attraverso la PTC è possibile posizionare un drenaggio biliare esterno per ridurre l’ittero, migliorando la funzionalità epatica e riducendo il rischio di insufficienza epatica postoperatoria.
Infine, l’arteriografia del tripode celiaco e la portografia sono consigliabili per rilevare la presenza di invasioni vascolari a livello del peduncolo epatico, in considerazione della tendenza di questi tumori ad infiltrare le strutture adiacenti.
La recente introduzione dell’angio-
Terapia
L'unica terapia che ha portato a qualche risultato, inteso come prolungamento della sopravvivenza dei pazienti, è quella chirurgica, con l'esecuzione di una resezione epatica (Epatectomia sinistra allargata al lobo caudato per tumore dell'ilo. L'asportazione dei linfonodi è estesa a tutto il peduncolo epatico fino al tripode celiaco). In considerazione della rarità di queste forme, è consigliabile che la decisione sulla reale possibilità di fare un intervento di resezione epatica venga sempre assunta da un chirurgo con particolare esperienza nel trattamento di questi tumori.
Resezioni epatiche che vengano eseguite con l'intento di rimuovere completamente il tumore possono essere effettuate circa in un 75% dei casi, con una mortalità operatoria tra il 5% ed il 9% (a seconda delle casistiche), ed una sopravvivenza a 5 anni del 25-
Per ottenere un intervento radicale è spesso necessario eseguire una resezione epatica maggiore, insieme all'asportazione completa della via biliare. Recentemente, è stata introdotta la tecnica dell’embolizzazione della vena porta per aumentare le possibilità dei pazienti di essere operati. Attualmente, tale tecnica viene applicata qualora sia necessario effettuare un’epatectomia destra allargata al lobo caudato o resezioni di estensione maggiore. È fondamentale la rimozione dei linfonodi e dei tessuti perineurali a livello del peduncolo epatico seguendo l’arteria epatica fino al tripode celiaco e nello spazio retropancreatico.
Infiltrazione vascolare: Nel caso il tumore infiltri la vena porta, è possibile associare alla resezione epatica e della via biliare, la resezione del segmento portale infiltrato. La sopravvivenza per i pazienti operati in cui si è reso necessario un tal tipo di procedura è significativamente migliore rispetto a quelli non resecati.
Il trapianto di fegato è stato proposto per tumori dell'ilo giudicati non resecabili. I risultati sono insoddisfacenti a causa dell’alto indice di ripresa del tumore in breve tempo e quindi non appare giustificato come trattamento di queste neoplasie.
Interventi palliativi: nel caso in cui non sia possibile un intervento chirurgico, il drenaggio palliativo dell’ittero può essere effettuato mediante posizionamento di protesi metalliche o per via endoscopica o per via radiologica percutanea. Il giudizio di operabilità deve comunque sempre spettare ad un chirurgo, meglio se esperto in malattie del fegato e delle vie biliari.
Terapie Complementari: Nella letteratura scientifica mondiale non sono stati riportati risultati soddisfacenti ottenuti con la chemioterapia.
La radioterapia sembra avere un ruolo come terapia complementare nei pazienti giudicati inoperabili e sottoposti a posizionamento palliativo di stent; inoltre ha mostrato una relativa efficacia nel trattamento quando il tumore si ripresenta dopo un intervento chirurgico.
Follow up: Dopo intervento chirurgico è consigliabile seguire i pazienti ogni 3 mesi con esami di funzionalità epatica, dosaggio del CEA e Ca 19-
Le sedi più frequenti di ripresa della malattia sono a livello dell’anastomosi bilio-